Olimpiadi: quando il dressage ha rischiato l’esclusione

di Umberto Martuscelli

Dopo l’Assemblea Generale della Fei dello scorso 17 novembre ad Anversa nella quale le federazioni nazionali hanno votato a favore del mantenimento delle squadre a tre binomi per le Olimpiadi di Parigi 2024 così come accaduto per Tokyo 2020 (in questo 2021), è tornata alla ribalta la questione della sopravvivenza dello sport equestre all’interno del programma olimpico. Squadre a tre – e non più a quattro – è infatti uno dei… concetti implicitamente richiesti dal Cio per rendere più congrua la presenza di salto ostacoli, completo e dressage alle Olimpiadi: in questo modo si possono avere più nazioni rappresentate in gara oltre al fatto che le regole delle singole competizioni – secondo quanto asserito dai vertici dello stesso Cio – risultano più comprensibili per un pubblico anche di non esperti.

Detto che tutto ciò ha sollevato un malumore espresso in modo vibrante da gran parte dei cavalieri, tecnici e addetti ai lavori (tutti favorevoli al formato a quattro), non è questa la sede per affrontare tale argomento… Qui infatti vogliamo approfittare di tale situazione di attualità e cronaca per ricordare un episodio che oggi possiamo definire ‘curioso’ ma che al tempo del suo accadere avremmo probabilmente definito in modo più… pesante e colorito. Un episodio che riguarda per l’appunto l’eventualità allora molto concreta – per non dire quasi certezza – di esclusione di una delle tre specialità dell’equitazione agonistica dal programma olimpico: il dressage.

Tutto accade in occasione delle Olimpiadi del 1956 in programma a Melbourne, in Australia, il cui programma dello sport equestre viene tuttavia dirottato su Stoccolma per ragioni sanitarie a riguardo dei cavalli. Al termine del Grand Prix che avrebbe assegnato le medaglie sia individuali sia a squadre (anche allora formazioni a tre binomi) si verifica un’evidenza imbarazzante: il giudice tedesco secondo i punteggi da lui attribuiti ai trentasei partecipanti classifica i concorrenti tedeschi ai primi tre posti, il giudice svedese ai primi tre posti della sua personale graduatoria classifica invece i concorrenti svedesi… Il collegio giudicante è formato dal barone belga de Trannoy (presidente della Fei dal 1946 al 1954), dal colonnello cileno Yanez, dal colonnello danese Fog, dal generale tedesco Berger e dal generale svedese Colliander. Berger assegna il primo posto a Liselott Linsenhoff su Adular, il secondo a Hannelore Weygand su Perkunos, il terzo a Anneliese Kueppers su Afrika. Colliander dal canto suo ai primi tre posti allinea Henri St. Cyr su Juli, Genhall Persson su Knaust (cavaliere protagonista di una sconcertante vicenda accaduta alle Olimpiadi di Londra 1948: la racconteremo prossimamente… ) e Gustaf Boltenstern su Krest.

L’evidenza come detto è imbarazzante, anche perché l’imparzialità dei giudici era già stata messa pesantemente in discussione alle Olimpiadi precedenti, quelle di Helsinki 1952, oltre ad aver rappresentato un tema di costante discussione durante le varie riunioni agonistiche internazionali organizzate nel corso del tempo. Il Cio quindi reputa la misura ormai colma: il dressage doveva essere estromesso dal programma olimpico a partire già dai Giochi seguenti, quelli di Roma 1960. La Fei, tuttavia, cerca di evitare in ogni modo una simile drastica e dolorosa deriva, proponendo misure alternative che scongiurassero il ripetersi di tale scandalosa possibilità… Alla fine si raggiunge un compromesso che consente al dressage di essere in calendario anche a Roma 1960, con una serie di misure sanzionatorie per i due giudici ‘incriminati’ e di variazioni al programma agonistico olimpico: ma se le sanzioni sono tutto sommato ovvie e indolori sullo sport – Berger e Colliander vengono sospesi dal loro ruolo – non altrettanto può dirsi a proposito del resto dei provvedimenti… Il più pesante dei quali è l’eliminazione della classifica a squadre dalla gara olimpica! A Roma – in Piazza di Siena – si sarebbe disputata solo la gara individuale, ogni nazione avrebbe potuto iscrivere solo due binomi, i giudici sarebbero stati solo tre e nessuno della stessa nazionalità di anche solo un concorrente in rettangolo… L’effetto di tutto ciò è fortemente penalizzante: ai Giochi del 1960 in dressage partecipano solo diciassette concorrenti, nessun olandese, nessun francese e nessun cileno dato che di tali nazionalità sono i tre giudici.

Ma non è finita qui, poiché il resto ha dell’incredibile. Viene deciso infatti che al termine di ciascuna ripresa ci sia un intervallo di venti minuti prima di avere in rettangolo il concorrente successivo durante i quali i tre giudici si sarebbero riuniti per confrontare le proprie valutazioni e nel caso intervenire modificandole. Al termine del Grand Prix i primi cinque in classifica si sarebbero qualificati per un secondo Grand Prix da disputarsi il giorno seguente. Le riprese di questo secondo Grand Prix sarebbero state filmate: i giudici avrebbero poi avuto tre giorni a disposizione per riconsiderarle esaminando il supporto video dopo averle ovviamente giudicate in diretta… E solo dopo quei tre giorni sarebbe stata ufficializzata la classifica… !

Ebbene, nonostante tutto ciò la gara olimpica di dressage in Piazza di Siena il 5 e 6 settembre 1960 (vittoria del russo Sergej Filatov su Absent) è stata seguita da seimila spettatori… Ma soprattutto il dressage è rimasto sano e salvo nel programma delle Olimpiadi!

Ti potrebbe anche interessare...

Lascia un commento