Parra: un caso che ‘pagheremo’ tutti

di Liana Ayres

Fino a poco tempo fa, leggendo le sentenze del Tribunale della Fei a più d’uno sarà scappato il commento “i soliti dell’endurance”… Moltissime sentenze della giustizia sportiva puntavano infatti il dito sul doping e sulle pratiche poco sportive che contornavano la disciplina. E noi delle altre specialità ci sentivamo tutti più ‘elevati’ in fatto di cultura del cavallo. Soprattutto nel mondo del dressage, la disciplina che forse più di qualsiasi altra può fregiarsi di avere a disposizione una vera e ricchissima biblioteca di luminari appassionati che nei secoli ne hanno regolato i dettami.

Poi però dai libri siamo passati nell’era digital. Quella in cui con un telefonino, senza neppure che uno se ne accorga, può essere filmata qualsiasi cosa. Lì le cose sono cambiate. E non torneranno più indietro.

Così, nel mondo del ‘tutto documentabile’, la Fei ha intrapreso una via coraggiosa. Probabilmente l’unica possibile. Ovvero creare una reputazione al mondo degli sport equestri partendo dal dato oggettivo di come veniamo percepiti al di fuori del nostro ambiente.

Facciamo un paio di esempi banali. Quando chiedete a una persona ‘non-equestre’ di che colore è un cavallo, molti risponderanno semplicemente marrone. Baio, sauro, sauro bruciato, baio scuro… tutte sfumature che contano solo per l’esigua minoranza che è avvezza alle ‘cose’ dei cavalli. Per gli altri è solo una variante un po’ più chiara, più scura o più rossiccia di marrone.

Quando chiedete a una persona ‘non-equestre’ la differenza tra ippica ed equitazione molti potrebbero non essere in grado di dirvela. E del resto, l’impiego improprio di termini come cavallerizza al posto di amazzone o corsa al posto di concorso perfino da parte dei media generalisti la dice lunga sulla non conoscenza del settore.

In un humus di questo tipo, la prima cosa che attecchisce è il dato negativo. Un altro esempio? Galoppo=Ippodromo=Scommesse=Gioco d’azzardo=Doping

Siccome è difficile che chi appartiene a un sistema venga accreditato come referente autorevole (“dici così perché sei dei loro…”), la Fei ha optato per una ‘politica del fare’ che prevede un concetto: per farci apprezzare dal resto del mondo dobbiamo essere specchiati. Ineccepibili. Perfettamente in linea con il comune sentire di ciò che è giusto nei confronti dei cavalli. Solo in questo modo gli sport equestri hanno una chance per sopravvivere.

Se da fuori ci continuano a vedere come persone che sfruttano i cavalli, non abbiamo possibilità di diventare attrattivi né condivisi. Che sia vero o falso è davvero irrilevante ed è un distinguo che semmai potremo perimetrare solo in un secondo tempo. Per il momento l’obiettivo è mostrare al mondo la qualità dei nostri sport, far comprendere che i nostri atleti, i nostri cavalli, per noi hanno un valore enorme. Che il lavoro per raggiungere i vertici delle performance sono commisurati ai nostri sforzi congiunti attraverso un impegno rispettoso dei limiti di entrambi: di uomini e di cavalli.

Si tratta di una operazione delicata, dove l’immagine può crescere solo di pari passo con la sostanza. Ed è proprio in questo contesto che fatti come quelli recenti di Helgstrand e Parra creano un danno enorme a tutto il sistema. Oltre che i cavalli, l’altra vera vittima di queste esecrabili evidenze di crudeltà è il dressage: ancora una volta verrà indicato come uno sport in cui si costringono e maltrattano i cavalli. Nell’immaginario dei più, non si ricorderà una ripresa della Dujardin o della Fry. Ogni volta che si penserà al dressage verranno in mente le immagini delle ‘lavorate’ alla Parra e le terribili testimonianze di chi vi ha assistito. E anche sulle migliori e delicate riprese condotte nel più rispettoso dei modi calerà l’ombra che dietro ci sia un training violento.

Al momento Cesar Parra è stato sospeso e sono in corso le indagini di rito. Anche se, di fronte al copioso materiale testimoniale, video e non, pare difficile per chiunque essere garantista.

Che piaccia o meno, i tempi ci impongono di fare una scelta. Quello che in passato è stato ‘privatamente tollerato’ tra gli addetti ai lavori, ora non può più esserlo. Se vogliamo preservare tutto il bello del mondo equestre e del dressage, cose di questo genere non devono più accadere. E non solo per volontà di chi ci vede da fuori. Non solo perché gli ‘animalisti’ – non sempre consci di ciò che stanno veramente vedendo – ci osservano e criticano a prescindere. Deve piuttosto essere una nostra scelta che promuova incondizionatamente un nuovo corso del rapporto tra noi e i nostri cavalli nell’esercizio dello sport. Ce lo impongono i tempi e la nuova consapevolezza che senza tutto ciò, non ci sarà mai un vero rapporto equo con l’atleta cavallo. E soprattutto, finirà lo sport.

Lo statement della Fei

«La Fei conferma che il cavaliere Cesar Parra (Usa) (Fei Id 10000031) è stato immediatamente sospeso in via provvisoria mentre la FEI indaga sulle immagini e sui video inquietanti e ripugnanti relativi alle sue tecniche di allenamento emersi di recente. Lo sport equestre è costruito su una base di rispetto per i nostri partner equini, con il dovere di garantire che il loro benessere psicofisico sia al primo posto, prima di qualsiasi ambizione di carattere agonistico o di allenamento.
Attraverso le Regole e i Regolamenti della FEI, il benessere del cavallo e qualsiasi azione o omissione che causi o possa causare dolore o inutile disagio a un cavallo costituisce una violazione delle nostre regole e sarà sanzionata. La FEI rimane ferma nel suo impegno a sostenere i più alti standard di benessere degli equini e a sanzionare i comportamenti che si discostano da questi principi, e indagherà attivamente e con urgenza su questo caso.
Poiché si tratta di un’indagine aperta, non saranno forniti ulteriori commenti in relazione ai presunti reati mentre l’indagine è in corso. La FEI sta inoltre collaborando e mantenendo i contatti con la Federazione statunitense. La sospensione provvisoria della FEI e le eventuali sanzioni successive saranno riconosciute anche a livello nazionale»

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