Profilo del Cavaliere/4

di Enzo Truppa

“Se il cavaliere non è disposto a voler (o poter !) comprendere il suo cavallo, riuscirà a stabilire con quest’ultimo solo una comunicazione mediocre o non ci riuscirà del tutto”. (KURT ALBRECHT)

L’equitazione può indubbiamente essere considerata uno sport che, se ben praticato, migliora le capacità fisiche sia del cavallo sia del cavaliere: si pensi solo all’equilibrio generale del cavallo e all’elasticità delle sue andature, nonché all’eccezionale valore pedagogico per il cavaliere. Gli influssi positivi che possono derivare da quest’ultimo aspetto, specialmente sulle capacità di autocritica e di controllo delle proprie azioni, così come lo sviluppo di doti di coraggio razionale e di prontezza nel reagire con freddezza e rapidità, pongono l’equitazione in un branca “speciale” rispetto ad altre attività sportive.

A maggior riprova di ciò, si può notare come negli ultimi anni la sua importanza per lo sviluppo fisico ed educativo sia stato sottolineato dalla buona riuscita di molti centri specialistici per portatori di handicap che hanno riscosso sempre più successo in tanti Paesi.

Nell’equitazione gli aspetti psicologici rivestono una particolare importanza per la buona ragione che il cosiddetto “strumento” utilizzato per lo sport in realtà è un essere vivente.

Per questa ragione, forse più che in altri sport, alcuni presupposti fisici e mentali devono essere rispettati fin dal principio.

Il primo grande requisito richiesto a un buon cavaliere di dressage è il rispetto per questa creatura vivente che dovrà essere sempre ben presente da chi pratica l’equitazione in qualsiasi forma. Se tale aspetto fondamentale viene tenuto nella dovuta considerazione, il partner a quattro “gambe” diventerà sicuramente un amico volenteroso e pronto a intraprendere insieme al suo cavaliere la lunga strada che conduce all’esecuzione di riprese impegnative di dressage. Questo approccio all’equitazione, sicuramente assai più solido, è decisamente antitetico rispetto a quello di coloro che vedono il cavallo come un mezzo che dia l’opportunità di guardare il mondo dall’alto, collezionando premi e vittorie in competizioni equestri.

Sin dalle prime lezioni, il cavaliere deve fissarsi un obiettivo realistico e cercare di fare del suo meglio per raggiungerlo indirizzando i propri sforzi in maniera metodica e sistematica.

Vediamo adesso di schematizzare il profilo di un cavaliere di dressage già abbastanza avanzato nel suo addestramento tanto da essere in grado di prendere parte a una competizione.

Cominciamo con il dire che prima di iscriversi a una qualsiasi ripresa di dressage, il cavaliere dovrebbe essere a conoscenza di ciò che si richiede a ogni concorrente che partecipa a una competizione, ma innanzi tutto, dovrebbe essere onestamente conscio e obiettivo rispetto alla propria preparazione, se abbia cioè raggiunto gli standard di addestramento necessari per presentarsi in quella determinata ripresa.

La capacità di giudicare obbiettivamente le proprie possibilità tecniche dipende non solo dall’aver maturato un’esperienza pratica tale da poter prendere parte a quella data competizione di dressage, ma anche dal possedere le conoscenze teoriche indispensabili per comprendere cosa sia richiesto a quel livello di ripresa. Si può ben dire che la teoria rappresenta la conoscenza, l’esercizio pratico l’abilità e si potrà quindi serenamente affermare che una cosa non risulta completa senza l’altra.

Considerando lo sviluppo logico dell’addestramento, il cavaliere dovrà prima di tutto familiarizzare con il proprio cavallo e imparare a capirlo; il primo obiettivo sarà raggiunto solo quando l’equilibrio fisico e mentale del cavallo e del cavaliere si siano, per così dire, “stabilizzati”.

Dal momento che il nostro partner equestre non possiede il dono della parola, il cavaliere deve concentrarsi nell’osservare il cavallo e le sue reazioni in tutte le fasi del lavoro giornaliero.

Lo sviluppo dell’equilibrio psichico di un cavallo deve procedere di pari passo con quello fisico e anche nella stessa formazione equestre di un cavaliere la parola equilibrio costituisce la chiave di volta di una complessa struttura.

Tale aspetto, nella mia esperienza pratica, non viene spesso preso nella dovuta considerazione dagli addetti ai lavori; in effetti, per non disturbare l’equilibrio del cavallo il cavaliere deve imparare quanto prima ad adattare il peso del proprio corpo ai movimenti ritmici del cavallo cercando, innanzitutto, di non disturbarlo. La prima cosa da insegnare a un cavaliere è sviluppare un assetto indipendente nella sella, vale a dire senza cercare “appigli” sulle redini e senza eccessivi movimenti del corpo; ciò gli consentirà di trasmettere i propri aiuti al cavallo in maniera corretta e coerente. A tal fine il cavaliere necessita dell’aiuto di una persona competente, che ne possa controllare e correggere l’assetto in sella.

E qui compare il terzo partner, il “trainer” o istruttore di equitazione o, a più alti livelli, un altro cavaliere di grande esperienza. Il compito di quest’ultimo è osservare, correggere e fornire consigli, sempre che possieda i fondamentali teorici e pratici che gli derivano da esperienze personali di un certo livello.

Partecipare a una gara di dressage deve costituire per il  cavaliere l’opportunità di accertare il grado di addestramento raggiunto, per sé e il proprio cavallo, verificando quindi l’abilità equestre acquisita dal binomio nei confronti di altri binomi. In tal senso una gara di dressage deve innanzi tutto fornire l’opportunità per acquisire chiare linee guida, idee e comportamenti utili per un ulteriore miglioramento dell’addestramento futuro e per nessuna ragione al mondo deve essere finalizzata al mero ottenimento di trofei e premi facendoci dimenticare qual è l’obiettivo vero e principale delle gare di dressage stesse.

È per questo che in una ripresa di dressage il cavaliere, il cavallo e in seconda battuta l’istruttore si sottopongono alla valutazione del giudice. Cavaliere e istruttore dovrebbero trarre le dovute giuste conclusioni dalle valutazioni espresse dal giudice sui fogli della ripresa e quindi prendere spunto per sviluppare un programma di lavoro conseguente o comunque teso a eliminare i problemi evidenziati.

È assai controprodduttivo addebitare ogni problema al cavallo; controproduttivo e poco onesto, visto che spesso molti errori e imprecisioni mettono solo in evidenza carenze tecniche che in realtà il cavaliere e l’istruttore hanno lasciato far capolino o addirittura hanno lasciato consolidare durante il lavoro di preparazione alla ripresa.

Come ricordato sopra, il grande valore educativo dell’equitazione sta nello sviluppo della capacità di autocontrollo e di autocritica. Occorre anche dire esplicitamente che il cavaliere non dovrebbe mai sacrificare uno sviluppo coscienzioso dell’addestramento del proprio cavallo sull’altare di successi effimeri che si basino su un lavoro superficiale, fatto di “scorciatoie” non proprio metodologicamente classiche.

In genere ciò porta a un grande nervosismo del cavaliere che produce, a sua volta, tensione fisica e psichica nel cavallo che si evidenzieranno in svariati aspetti negativi che finiranno col caratterizzare la ripresa.

Tutto ciò può solo portare lontano dall’obiettivo che ci si è proposti in evidente e vivace contrasto con i risultati che si potrebbero invece raggiungere con pazienza e attraverso un lavoro corretto e metodico che conduce sicuramente ad un successo basato su solide fondamenta.

C’è poi un terzo requisito da tenere in debita considerazione e cioè il tempo necessario all’addestramento. Questo ulteriore aspetto dipende dalla conformazione, dall’intelligenza, dal carattere, dall’abilità del cavallo e naturalmente dalle conoscenze teoriche e pratiche del cavaliere.

Se ne ricava che il tempo necessario all’addestramento di un cavallo non può che essere un elemento variabile dell’equazione. Il cavaliere di dressage ideale non dovrebbe mai mancare l’opportunità di accrescere le proprie conoscenze teoriche e le proprie esperienze pratiche e ciò perché nello sport equestre, e nel dressage in particolare, ci si rende conto del fatto che perfino dopo anni di attività ad alti livelli c’è spazio per un ulteriore miglioramento.


Capitolo 1: DRESSAGE NELLA STORIA clicca qui

Capitolo 2: FONTI DELLE METODOLOGIE DI ADDESTRAMENTO clicca qui

Capitolo 3: PROFILO DEL GIUDICE DI DRESSAGE clicca qui

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