Profilo del Giudice di Dressage/3

di Enzo Truppa
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   “Giudicare vuol dire vincere la propria personalità in favore della verità  e della giustizia”     Gustav Rau            

Che cosa si richiede a un giudice di dressage “ideale” che per qualità tecniche, morali e professionali sia additato quale esempio dai propri colleghi, nonché da concorrenti, istruttori, dirigenti sportivi?

Tra tutti gli addetti ai lavori, le “vittime designate”, e cioè i concorrenti, si aspettano che il giudice constati, classifichi e possieda nel contempo un gran numero di qualità. Tra queste, prima di tutto, il giudice dovrà accordare la propria concezione personale con il regolamento e non il contrario.

  • il giudice di dressage deve valutare con assoluta imparzialità le riprese di difficoltà maggiore e deve rodarsi in anticipo, possibilmente affiancando giudici più esperti, al giudizio di ogni nuova figura che non ha mai giudicato. Meno è sicuro di se meno deve penalizzare; la sua inesperienza non deve mai nuocere a colui che la subisce, tenendo sempre a mente che la penalizzazione portata dal voto deve comunque risultare costruttiva.

Il ruolo del giudice è quello di promuovere la disciplina del dressage con i suoi incoraggiamenti e le sue valutazioni che dovranno quindi risultare sempre costruttive.

L’abilità specifica a svolgere efficientemente il compito di giudice di dressage viene riconosciuta dalla generalità dei concorrenti e degli addetti ai lavori, ma le capacità di operare nella pratica dipendono da più fattori che esamineremo nel prosieguo. Sicuramente sarebbe auspicabile che il giudice abbia maturato un’esperienza “sul campo” quale cavaliere o istruttore di dressage, ma ciò può risultare non sufficiente: occorrono altresì conoscenze teoriche fondate su una solida cognizione dei principi di base che possono variare, nell’applicazione pratica, unicamente in funzione del grado di difficoltà della ripresa da giudicare. Purtroppo si tende in generale a sottovalutare la portata di queste conoscenze teoriche che costituiscono invece il bagaglio essenziale per divenire un buon giudice di dressage.

L’approfondimento teorico della materia attraverso la lettura di testi appropriati permette di acquisire un livello di conoscenza superiore rispetto a quello sufficiente per semplicemente avere il piacere di praticare lo sport del dressage a livello amatoriale o comunque per esserne semplicemente spettatori. D’altro canto anche tanti anni di routine nel montare in dressage non sopperiscono all’esigenza di approfondimento delle proprie conoscenze teoriche perché, nonostante il possesso di una certa abilità pratica, ciò di per sé non permette di affinare l’intuito necessario per giudicare appropriatamente una ripresa di dressage. Continuo a essere personalmente convinto che l’obiettività di un giudice dipenda essenzialmente dalla portata delle proprie conoscenze teoriche e pratiche e, d’altro canto, non ci si può attendere che i concorrenti accettino stoicamente, una volta dopo l’altra, giudizi che a prima vista sembrano penalizzanti o addirittura di parte e quindi espressi contro “etica professionale”, ma che dopo più attenta analisi, risulteranno essere semplicemente frutto della relativa ignoranza della materia da parte dei giudici stessi. Pertanto, nonostante la indubbia presenza dell’elemento “buona fede”, i risultati pratici finiscono con l’essere comunque insoddisfacenti.

Nel piccolo mondo del dressage, i cavalieri e i giudici sono portati a incontrarsi sovente e quindi il giudice ha modo di giudicare alcuni binomi con una certa frequenza; ciò nonostante il giudice deve considerare ogni cavallo che entra in rettangolo come un nuovo capitolo di un libro da leggere e ogni cavaliere uno sconosciuto. Per dare pratica attuazione a quanto sopra deve quindi pensare di non averli mai visti e di non conoscere nulla di loro anche se in verità li giudica per l’ennesima volta.

Il buon giudice non ha memoria. Può capitare che i migliori facciano male e che gli sconosciuti facciano delle buone riprese; se nello stesso concorso è chiamato a giudicare di nuovo lo stesso cavallo, deve dimenticare ciò che ha già visto; infatti la classifica non è immutabile da una prova all’altra.

Il giudice ideale è quello che, in un periodo di tempo relativamente breve a sua disposizione, riesce a captare l’essenza del movimento oggetto di giudizio. Tale capacità di rapido processo di discernimento tecnico porta a una equa ed efficiente valutazione di qualsiasi ripresa sottoposta al suo giudizio: tale giudice riceverà automaticamente il rispetto dei concorrenti.

Chiunque voglia diventare giudice di dressage deve fare continuo e immediato riferimento alle conoscenze teoriche e pratiche di cui dispone, nonché, preferibilmente, alle sue esperienze equestri. Il tutto in un periodo di tempo relativamente breve.

Da qui la necessità di migliorarsi in continuazione e dedicare quanto più tempo possibile per arricchire il proprio bagaglio tecnico e culturale nel dressage. E’ evidente che a tale persona serve entusiasmo, zelo e, in un certo senso, occorre che trovi piacevole ogni nuova acquisizione di conoscenze sia teoriche sia pratiche. Ci saranno sicuramente persone che ritengono di poter diventare buoni giudici pur non possedendo questa sorta di fanatica dedizione, ma costoro non si aspettino che i concorrenti sottoposti al loro giudizio possiedano un equivalente grado di pazienza. I giudici più importanti da me incontrati nella mia carriera mostravano di possedere, senza ombra di dubbio, queste qualità e perciò è bene far presente a chi ritenga di intraprendere questa carriera quale sia il tipo, la qualità e la quantità di responsabilità che la propria posizione comporta.

Una delle principali responsabilità dei giudici è assicurarsi e assicurare che lo sport del dressage non si deteriori in una sterile comparazione di “materiale equestre”, laddove modello e potenza del soggetto finiscano col rivestire il ruolo predominante. Va ricordato infatti che il dressage è innanzitutto l’arte di addestrare un cavallo nel muoversi con grazia, con equilibrio (che forse è il requisito più importante) e a rispondere istantaneamente ad aiuti invisibili.

Il giudice di dressage deve sempre ricordare che egli ha, tra gli altri, tre tipi di obblighi prioritari:

  1. costituire una guida sicura e attendibile per il cavaliere sottoposto al suo giudizio;
  2. essere in grado di capire perfettamente i principi e i concetti di base del dressage;
  3. avere un grande senso di responsabilità affinché sia promosso e mantenuto un elevato livello di cultura equestre nella specialità del dressage.

Il buon giudice di dressage non dovrebbe limitarsi a mettere correttamente in evidenza gli errori che capta durante l’esecuzione di una ripresa, ma dovrebbe essere altresì in grado di individuarne le cause a monte.

Il giudice di dressage ideale dovrebbe quindi combinare una grande esperienza nel montare in dressage, idealmente al livello di riprese che è chiamato a giudicare con una superiore conoscenza teorica della materia. Ciò è sicuramente la situazione ottimale, ma personalmente ho avuto modo di apprezzare anche giudici di dressage che non annoveravano significative esperienze “in sella”. Anche in questi casi però, la profonda conoscenza della materia resta punto essenziale e irrinunciabile. Va ulteriormente evidenziato che la grande pratica equestre e la conoscenza erudita della materia non bastano per fare un buon giudice se non è stata parimenti sviluppata la capacità di esprimere un giudizio rapido che risulta necessario, se non addirittura vitale, in funzione del fatto che decisioni e relativi giudizi vanno maturati ed espressi in frazioni di secondo. Il giudizio deve essere pronto, immediato e, poiché non può essere cambiato, deve basarsi su conoscenze teoriche e pratiche non obiettabili.

              Chiunque sia attratto dalla “carica” di giudice di dressage solo per il fatto di beneficiare di una posizione di grande prestigio e potere che spesso si ritiene, a torto, siano connessi a questo ruolo, è sicuramente sulla strada sbagliata. Costui non sarà mai la persona adatta a ricoprire tale carica. Parimenti il “lavoro” di giudice non si addice alle persone che non ritengano di dover dedicare del tempo per arricchire le proprie conoscenze teoriche e pratiche della materia e confrontarsi con altri giudici al termine delle riprese.

              Il giudice ideale dovrebbe cercare di comprendere il comportamento degli altri giudici senza critiche aprioristiche e senza disinteressarsene.

              Dovrà altresì conservare la propria indipendenza, senza mai dimenticare però che egli non è il depositario unico della verità equestre. Più la propria conoscenza sarà grande e le proprie certezze solide, più egli dubiterà di possedere la verità assoluta.

              Dovrà saper ascoltare, mettersi in discussione, acquisendo cosi “buon senso”.

Un altro punto focale riguarda poi l’esigenza di disporre di una terminologia universalmente accettata per le osservazioni che vengono riportate sulle schede. In realtà, a livello internazionale, le regole che sono pubblicate dalla FEI assicurano questo aspetto. I giudici hanno a disposizione pochissimo tempo per “frasare” le proprie osservazioni; se il giudice ha una percezione immediata di ciò che accade in quasi una frazione di secondo, è in grado di discernere e analizzare correttamente i vari aspetti tecnici insiti in una figura di dressage, ma dovrà inoltre possedere un uso del vocabolario equestre appropriato per poter riportare tali osservazioni in modo comprensibile ai cavalieri sottoposti al suo giudizio. Spesso vengono usati termini convenzionali utilizzando anche neologismi che risultano di grande aiuto affinché i concorrenti possano comprendere esattamente il significato delle osservazioni tecniche riportate sulle relative schede, riducendo al minimo le possibilità di equivocare sul senso delle osservazioni del giudice. 

L’apprezzamento del giudice si traduce in un voto (10 al meglio), che diminuisce a ogni imperfezione.

            eccellente            10                sufficiente            5

            ottimo                 9                insufficiente         4

            molto bene           8                abbas. male          3

            abbast. bene         7                male                    2

            soddisfacente        6                molto male           1

    non eseguito         0      

Sono stati introdotti da FEI i cosiddetti “mezzi voti” (es: 6,5 – 7,5 – 9,5) per poter affinare il giudizio.

Uno degli scopi di questa pubblicazione è proprio quello di contribuire a instaurare un linguaggio dressagistico comune per cavalieri, giudici e addetti ai lavori per una complessiva migliore comunicazione.

Il giudice di dressage non deve, infine, far dipendere la qualità della propria prestazione da eventi esterni spesso presenti, quali condizioni climatiche avverse o scarsa abilità dei segretari di giuria. Per ovviare a tali fattori negativi occorre prendere le necessarie misure ben in anticipo rispetto all’inizio della ripresa richiedendo, ove fosse necessario, l’intervento degli organizzatori per risolvere tali problemi.

In conclusione, il giudice di dressage :

  • deve mantenere calma e serenità in ogni circostanza
  • deve cercare di migliorare continuamente le sue conoscenze teoriche e pratiche del dressage.
  • non deve dimenticare di esercitare un grande potere che andrà utilizzato con saggezza ed equità
  • non deve comunque mai abusarne
  • non deve mai far prevalere le sue visioni personali nell’espressione del giudizio
  • deve confrontarsi con altri dei colleghi, in particolare quelli più esperti per affinare i suoi giudizi

Capitolo 1: DRESSAGE NELLA STORIA clicca qui

Capitolo 2: FONTI DELLE METODOLOGIE DI ADDESTRAMENTO clicca qui

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