Il dressage nella storia

Dal libro di Enzo Truppa, Dressage, viaggio fino alle radici della moderna disciplina in rettangolo - Capitolo 1

di Enzo Truppa
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Sin dall’antichità, l’arte di montare a cavallo era enormemente sviluppata, come può desumersi per esempio dal libro dello statista e generale greco Senofonte, scritto intorno al 380 a.C.  Già nel libro di Senofonte vi sono riferimenti a Simone di Atene, il quale aveva a sua volta redatto uno scritto molto dettagliato sull’arte di andare a cavallo, sfortunatamente andato perduto. Chiunque abbia studiato il libro di Senofonte, scritto 2400 anni fa, non può non rimanere impressionato dalla precisione delle sue spiegazioni e dall’acume nel riferire degli stati d’animo del cavallo. Il suo metodo di addestramento era basato sull’intuito e su un trattamento gentile dell’animale, cosa che, sfortunatamente come vedremo, non fu sempre attuata dai grandi maestri che gli succedettero. “Tutto ciò che è forzato e imposto brutalmente non potrà mai essere bello” e, a tal fine, sono significative le parole di Simone di Atene: “se un ballerino fosse forzato a ballare da fruste e speroni o comunque da strumenti simili, non potrebbe mostrare alcuna bellezza, così come un cavallo addestrato in condizioni simili”.

Con la caduta dell’Impero greco, il valore culturale di tante attività artistiche fu perduto; l’arte del montare a cavallo declinò sempre di più, per poi alla fine divenire pressoché insignificante.

Al libro di Senofonte va attribuito il merito di aver preservato l’idea dell’arte equestre fino ai giorni attuali, perché fu questo libro a costituire la base su cui poi poté fondarsi l’arte equestre durante il Rinascimento.

Circa duemila anni dopo, nel sedicesimo secolo, l’arte equestre, così a lungo dimenticata, insieme ad altre attività artistiche, tornò alla luce.

Come i grandi maestri nel campo della pittura e della scultura cominciarono a rifiorire sotto il sole italico, così accadde alla risvegliata arte di andare a cavallo; infatti essa fu reintrodotta dal nobile napoletano Grisone, riconosciuto dai suoi contemporanei come il padre dell’arte dell’equitazione.

Per completezza di indagine va riferito che a quell’epoca l’arte equestre era complementare alle attività di guerra. Infatti le battaglie si combattevano a cavallo e perciò l’arte di montare a cavallo diveniva per così dire “vitale” nello svolgimento delle attività militari : l’appoggiata serviva a schivare il colpo del nemico, la piroetta veniva utile per difendersi allorché si era circondati, il passage era un passo di parata e le cosiddette “arie sopra il terreno” (courbette, capriole etc. ancora praticate alla Scuola Spagnola di Vienna e a Lipizza) servivano a districarsi in situazioni critiche durante il combattimento.

Grisone aveva studiato a fondo il libro di Senofonte e in effetti ripete quasi parola per parola le istruzioni che riguardano, per esempio, l’assetto del cavaliere e i suoi aiuti. La sua idea tuttavia era quella di controllare il cavallo attraverso la forza, così come provato dalle numerose imboccature piuttosto severe che poi inventò. Ciò può essere parzialmente attribuibile alla circostanza sopra riferita e cioè all’uso del cavallo come strumento di guerra e quindi al non potersi “permettere” di eseguire movimenti in maniera non precisa.

Il più famoso dei tanti allievi di Grisone fu sicuramente Pignatelli. Egli ricoprì la carica di Direttore nella famosa Accademia di Equitazione di Napoli dove anche Pluvinel fu accolto come studente dalla Francia.

Pluvinel, che più tardi divenne il maestro di Luigi XIII, era un seguace della filosofia di Pignatelli, ma aggiunse ai dettami di quest’ultimo sicuramente qualcosa, frutto della propria esperienza personale. Al contrario del suo maestro e predecessore, mise in evidenza che ogni cavallo andava seguito individualmente e il trattamento riservatogli doveva essere basato su intuizioni che non potevano che essere individuali, poiché ogni cavallo è diverso dagli altri suoi simili, sostituendo quindi principi molto più umani a quelli basati sulla forza che a quell’epoca erano in uso corrente. Le sue idee furono messe in circolazione nel suo libro Manège du Roi che apparve nel 1623. All’inizio tale libro fu messo in ridicolo, ma con il passare degli anni i principi di Pluvinel furono accettati e si può dire che egli preparò a tutti gli effetti il campo per il famoso François Robichon De La Guérinière che più tardi divenne il più grande maestro di equitazione di Francia.

L’effetto pratico che derivò dal progredire verso sistemi più umani nell’addestrare i cavalli fece sì che le dottrine del Duca di New-Castle, non proprio ispirate dalle stesse filosofie e pubblicate in un libro piuttosto elaborato, non crearono una base duratura nell’arte dell’equitazione in Inghilterra, anche in considerazione della crudeltà insita nei suoi metodi.

L’influenza che Grisone, Pignatelli e i suoi allievi avevano avuto sull’arte equestre cominciò a disperdersi. In effetti all’inizio del diciottesimo secolo, l’arte equestre era quasi esclusivamente influenzata da maestri francesi e il più grande di tutti loro, De La Guérinière, produsse il libro forse più rivoluzionario sull’equitazione di tutti i tempi.

A differenza delle pubblicazioni dei suoi predecessori, il suo libro è di una chiarezza e di una facilità di lettura veramente esemplari. Egli basò il suo lavoro sulla semplicità e su fatti concreti al fine di essere compreso dai suoi lettori. Non è il caso di discutere in dettaglio in questo capitolo gli insegnamenti di De La Guérinière, non perché non siano argomenti di grande interesse, ma perché in effetti l’equitazione moderna, così come è oggi applicata e così come vedremo nel prosieguo, si basa in realtà sugli stessi dogmi.

Con l’avvento della Rivoluzione in Francia, i principi di De La Guérinière scomparvero. Inoltre le guerre napoleoniche decretarono, purtroppo, la fine delle varie accademie equestri nelle  corti europee; solo la Scuola Spagnola di Vienna finì col preservare, fino ai giorni più recenti, i metodi di De La Guérinière.

Il merito di ciò fu dovuto principalmente all’influenza di Max Ritter Von Weyrother, un uomo di cavalli veramente eccezionale, che fu a capo della Scuola Spagnola di Vienna all’inizio del diciannovesimo secolo.

La sua influenza sull’arte equestre andò al di là dei confini del suo paese e fu raccolta specialmente in Germania dove Seidler, ma ancor di più Oeyenhausen e più di tutti Luis Seeger furono suoi discepoli. Questi ultimi ebbero una tale influenza nel loro paese, da poter controbattere le dottrine di Baucher e dei suoi discepoli Plinzner e Fillis, che non poterono influenzare l’arte equestre in quel Paese.

Occorre fare un inciso per evidenziare il fatto che, essendo scomparso l’uso del cavallo per impieghi militari, anche l’arte equestre aveva subito un innegabile declino e il dressage era di fatto sopravvissuto in Francia grazie alle rappresentazioni circensi di cui Baucher e Fillis erano i protagonisti principali dell’epoca. Ciò mise in evidenza una sostanziale ed insanabile differenza di vedute tra dressage circense (sostanzialmente non basato su una attività “atletica” del cavallo e al conseguente impegno della schiena e del treno posteriore dello stesso) e dressage classico che a quel punto fu preservato, per l’appunto, solo grazie a quella meravigliosa istituzione equestre quale è la Scuola Spagnola di Vienna.

Più di tutti, comunque, fu il libro di Gustav Steinbrecht pubblicato nel 1885, Das Gymnasium des Pferdes, che si basava sulle teorie di Seeger e Oeyenhausen, a costituire la base del moderno dressage così come è arrivato ai giorni nostri e così come è evidenziato nel prosieguo di questo lavoro.

Per tornare ai metodi di Baucher e di Plinzner, che era un suo seguace e che lavorò alle scuderie reali di Berlino dal 1874 in avanti, essi tendevano a chiudere i loro cavalli, così come propugnato da Baucher, distruggendo ogni impulso, ogni desiderio di andare in avanti del cavallo stesso. Per la verità, i suoi seguaci giustificavano questi metodi adducendo il fatto che, all’epoca, Plinzner doveva addestrare i cavalli per l’Imperatore Guglielmo II di Germania, il quale era costretto a montare i suoi cavalli con una mano sola a causa di un braccio anchilosato.

James Fillis fu introdotto ai metodi di Baucher in Francia, dopo di che trascorse dodici anni come istruttore capo all’Accademia Militare di Pietrograd e apparve per la prima volta in Germania in un circo nel 1892. Va detto che Fillis suscitava l’ammirazione degli spettatori del circo e trovò anche parecchi seguaci tra i cavalieri dell’epoca ai quali sarebbe piaciuto vedere tali metodi applicati nell’addestramento militare. Senza dubbio Fillis era un grande artista, più interessato però alle evoluzioni dell’equitazione da circo che non ai principi di base dell’equitazione classica, dove tutti i movimenti sono basati su leggi precise dettate dalla natura. La prova di ciò è data dai tanti movimenti cosiddetti “innaturali” che lo stesso Fillis presentava, come il galoppo su tre gambe, il galoppo indietreggiando e il passo spagnolo. Sta di fatto che, nel 1913, morì a Parigi, dimenticato dai più, così come il suo principale maestro Baucher, mentre i metodi di De La Guérinière, come abbiamo visto preservati dalla Scuola Spagnola di Vienna e poi propagati attraverso Seeger e Steinbrecht, fioriscono ancora oggi e costituiscono la base su cui poggiano i principi e le norme costituenti le regole oggi vigenti, così come emanate dalla Federazione Equestre Internazionale.

Gustav Steinbrecht

Abbiamo visto in precedenza che la Scuola Spagnola di Vienna ebbe una grande influenza sullo sviluppo dell’arte equestre in Germania e all’inizio della prima guerra mondiale, gli insegnamenti della Scuola di Cavalleria tedesca di Hannover erano completamente influenzati dai metodi praticati alla Scuola Spagnola di Vienna anche per merito del suo comandante Gebhart. Ma è sicuramente il libro di Steinbrecht “Das Gymnasium desPferdes”, rivisitato e rimesso in circolazione da uno dei suoi allievi (Von Heydenbeck), che costituì la base per le istruzioni equestri tedesche, che a loro volta hanno dato origine alle attuali regole FEI, alle quali occorre attenersi nel dressage moderno.

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