Laura Conz e una storia di non solo dressage

di Umberto Martuscelli

Tutto nasce da una fotografia pubblicata in Facebook (quella che vedete qui) per celebrare uno speciale riconoscimento che Laura Conz aveva ottenuto l’8 febbraio 2016 da parte del Coni a Padova. Uno dei molti importanti riconoscimenti che Laura Conz ha raccolto nel corso della sua formidabile carriera, prima come amazzone (non solo in rettangolo: anche in completo) poi come tecnico e trainer. Questa fotografia scattata ad Amburgo nel 1986 racconta in modo molto eloquente l’intensità del rapporto tra Laura e i suoi genitori, ma è inoltre testimonianza di un momento molto particolare della vita sportiva di Laura. Lo racconta lei stessa in un commento pubblicato nel post che conteneva questa immagine, parole dunque scritte nel 2016. Una vera e propria storia, un’altra storia emozionante. Una storia che in definitiva parla non solo di dressage… Eccola.


Quell’anno il signor Hinnemann, mio Istruttore dal 1982, decise di concorrere per la squadra tedesca. Per questo divenne amatore. Le regole a quel tempo stabilivano che non si potevano allenare cavalieri di squadre di altre nazioni. Per questo Gina Smith (medaglia di bronzo a squadre alle Olimpiadi di Seoul 1988 per il Canada con Malte) e io ci dovemmo spostare a Warendorf, sotto l’esperta guida di Bimbo Peilicke. Partecipai al Derby di Amburgo da sola, pensando che mai sarei entrata in finale. Il Derby di Amburgo è l’unica gara al mondo con lo scambio dei cavalli in finale. Ero giovane ed ebbi poca fiducia negli insegnamenti dei miei Maestri… Entrai in finale con due amazzoni d’eccellenza: Madeleine Winter-Schulze, oggi sponsor e mentore di Isabell Werth, e Karin Rehbein. Arrivai terza e la mitica rivista tedesca dei tempi, Reiter St. George, mi definì giovane ma di grande talento… Mi ricordo il pomeriggio precedente passato a studiare il grafico e a provare ramponi (benedetto il completo!!!) perché la finale era su erba, e a pensare come caspita avrei fatto in tre minuti (questo era il tempo accordato per ‘mettersi insieme’ ai cavalli) a capire i cavalli delle mie avversarie. Ovviamente passai la notte insonne, cambiando i bottoni del mio frac: pensando di essere nella ‘palta’ più totale avevo deciso che avrei dovuto ricevere tutto l’aiuto possibile e i bottoni d’argento di Castellazzo, che mi erano stati regalati dal cavalier Mancinelli, mi sembrarono un ottimo portafortuna. Ma, ancora una volta, avevo sottovalutato l’attenzione e la capacità di protezione di chi mi amava incondizionatamente. Il mio papà, con la complicità di mamma, chiamò il signor Hinnemann e gli spiegò la situazione. Papà Aldo parlava francese e spagnolo, Mamma Giuditta francese. Il signor Hinnemann inglese. Beh, si capirono benissimo e il signor Hinnemann chiamò il signor Herbert Rehbein, marito di Karin e grandissimo Tecnico, e si misero d’accordo. Il giorno dopo avevo la direzione tecnica di un grande uomo e Istruttore. Come potevo fallire con due Genitori così? Secondo me ho fatto perfino poco… Questa foto è stata fatta subito dopo la finale… Io al terzo posto e il mio cavallo Ravello al secondo… e il signor Rehbein disse che avevo montato bene. A quei tempi il giudizio dell’Istruttore valeva tutto.

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