A tu per tu con: Micol Rustignoli

di Liana Ayres

Trentaquattrenne forlivese, Micol Rustignoli ha diversi titoli nel suo palmares. Qualche campionato italiano, partecipazioni di pregio all’estero… Insomma, risultati tutt’altro che secondari. Eppure la sua cifra più preziosa, accanto alle performance sportive, è la determinazione e la serietà con cui ha abbinato una leggerezza e gentilezza che non le ha fatto perdere il sorriso e l’entusiasmo.

Micol, ci vuole raccontare come ha ‘incontrato’ i cavalli e quando si è accorta che avrebbero avuto un ruolo importante nella sua vita?
«Sono nata in mezzo ai cavalli, mio babbo ha sempre avuto cavalli da corsa, ma da piccola non ero particolarmente interessata a montare… Poi all’età di 13 anni ho voluto incominciare a prendere lezioni e non sono mai più scesa da cavallo»!
 
Qual è il primo ricordo equestre e a cosa è legato?
«Da piccolina mio babbo mi portava a cavallo con lui, mi metteva in sella davanti a lui e andavamo in giro in campagna per ore».
 
Qual è per lei il vero significato del dressage?
«Penso che la disciplina del dressage sia la traduzione di cosa voglia dire essere un binomio. Durante una ripresa di dressage ci sono talmente tante cose da fare e da comunicare al proprio cavallo in poche frazioni di secondo che è necessario che la comunicazione e la connessione tra cavallo e cavaliere sia totale».
 
Cosa cerca nel rapporto con i suoi cavalli?
«Totale simbiosi! I cavalli non parlano e quindi cerco di imparare il loro modo di comunicare, i loro segnali, che per ogni cavallo sono differenti, in modo da capire subito quello che loro comunicano a me e viceversa! Sia quando le cose vanno bene sia quando ci sono dei problemi…voglio capire i loro bisogno e che i cavalli abbiano fiducia in me…».

Chi, tra i trainer che la hanno seguita, ha lasciato un’impronta nella sua formazione equestre?
«Tutti direi… chi più chi meno, chi nel bene chi nel male, ma tutti mi hanno insegnato qualcosa. Certo è che se sono con la famiglia Truppa da 14 anni un motivo ci sarà! La maggior parte del lavoro per diventare quella che sono oggi l’ho sicuramente fatto insieme a Enzo e Valentina».
 
Chi è stato il suo primo cavallo da Grand Prix?
«Corallo Nero, uno dei primi cavalli da Grand Prix di Valentina. Mi è stato affidato nel 2011 e abbiamo gareggiato insieme fino al 2018. Ora è sempre con me e si gode la meritata pensione».
 
È più difficile eseguire una buona ripresa o farla eseguire a un allievo?
«Per quanto mi riguarda è più difficile farla eseguire a un allievo. Mi piace insegnare e da un po’ di anni ho iniziato ad avere anche i primi risultati da istruttrice e non solo da amazzone. Sono soddisfazioni diverse, ma di pari importanza! Però quando sono a terra e non a cavallo sento molto di più la pressione e l’agitazione della gara, cosa che invece quando sono io a montare a cavallo raramente mi è successo».


Tra i cavalli che ha montato, qual è quello che le ha insegnato di più?
«Anche in questo caso direi tutti. Chi più chi meno, chi nel bene chi nel male, hanno contribuito tutti alla mia formazione. Partendo dal mio primo cavallo da salto, fino a Corallo che sicuramente a livello di risultati e di soddisfazioni date è ineguagliabile! Mi ha consentito di gareggiare in tutta Europa, di partecipare a tappe di coppa del mondo, di qualificarmi per un olimpiade, di vincere due Campionati Italiani Assoluti, di certo non avrei potuto chiedergli di più! E ora con me c’è Rocco del Castegno che ha 11 anni e sta iniziando ora la sua carriera in Grand Prix, ma è con me da quando aveva sei mesi, quindi lo monto dalla doma fino ad oggi e il lavoro e stato fatto tutto insieme a Enzo e Valentina per portarlo fino a qui. Non so cosa può riservarci il futuro, e la strada è ancora molto lunga e molto in salita, ma aver fatto un cavallo da zero è forse una delle soddisfazioni più grandi che abbia mai vissuto».
 
Trova che la disciplina abbia subito cambiamenti negli anni? Se sì, quali?
«Penso che la qualità dei cavalli si sia alzata a livelli esorbitanti, forse troppo. Nel senso che ormai non basta più avere talento a montare, o essere bravi ad addestrare cavalli, ormai la qualità del mezzo è diventata indispensabile e fondamentale. Mi spiego…fino a 6/7 anni fa potevi prendere le qualifiche per le Olimpiadi con un cavallo come Corallo, ovvero un cavallo qualitativamente “normale” ma ben addestrato e ben montato. Oggi penso sia diventato pressoché impossibile, devi si essere bravo a montare, ma la qualità del cavallo è diventata fondamentale, perdendo secondo me un po’ il senso della nostra disciplina e del nostro sport».
 
In cosa ritiene che potrebbe essere migliorata?
«In Italia vorrei che venisse presa un po’ di più in considerazione come disciplina equestre, qualche aiuto e qualche incentivo per promuovere la disciplina non guasterebbe. Tornando al discorso di prima che ora non bastano più i cavalli…ci vogliono degli aeroplani».
 
Qual è il cavallo che le piacerebbe avere in scuderia?
«Gio! Il cavallo con cui Charlotte Dujardin ha fatto medaglia a Pechino 2021! Ho un debole per i cavalli sauri, piccoli e compatti…insomma sarebbe proprio il mio!!!».

Quale consiglio si sentirebbe di dare a chi volesse avvicinarsi mondo del dressage?
«Che sono necessari tanta passione e tanta voglia di lavorare. È una disciplina complicata e non immediata, forse quella che richiede la maggiore quantità di lavoro prima di ottenere risultati. Basta vedere quanto tempo richiede l’addestramento di un cavallo da dressage. Posso anche capire chi la ritiene noiosa come disciplina…ma penso anche che sia alla base dell’equitazione e di tutte le altre discipline equestri».
 
Potendo ringraziare qualcuno, chi ringrazierebbe per la sua carriera nel mondo dei cavalli?
«Chiunque abbia contribuito in questi anni a formare quella che sono ora… Chiunque abbia condiviso con me gioie e soprattutto dolori… Chiunque abbia creduto in me e ancora di più chi non ci credeva perché mi ha dato ancora più spinta e forza per non mollare MAI!!! E poi ringrazio tutti i cavalli miei e non montati in questi anni… Senza di loro nulla sarebbe stato possibile».

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