A tu per tu con: Elena Trius

di Redazione

Una Lady del dressage. Gentile, sempre cortese… Con una passione fuori dal comune. Elena Trius è nata in Russia, dove ha iniziato la sua carriera sportiva. In Italia ormai da 25 anni, è sposata ed è cittadina italiana. Vive a Gioia del Colle, in provincia di Bari, in quella magnifica Puglia che tutti ci invidiano. Dove dressage.it l’ha intervistata.

Dove monta e chi la segue?

«Monto a casa mia in Puglia dove abbiamo una splendida masseria con scuderie e campi eccezionali. Mi preparo da sola… Spesso sono in Germania, vicino a Monaco, dove ho casa, una sorta di base logistica per partecipare anche a gare nazionali. Il che è molto utile per la mia preparazione, grazie alla maggiore frequenza dei concorsi e le distanze ravvicinate. Mi basta fare pochi chilometri… Mentre in Italia, soprattutto per me che sono al sud, partecipare a un concorso significa farne tanti. E partecipare ai concorsi è importantissimo ai fini della preparazione (ciò che non si misura non si migliora!). Nella preparazione, quando sono in Germania, mi aiuta la mia amica di sempre Olga Klymko, amazzone olimpionica Russa, ormai in Germania da oltre 30 anni. Spesso, seguo, quando possibile, consigli e suggerimenti preziosi di Enzo Truppa mio carissimo amico».

Ci può raccontare come e perché l’equitazione è entrata nella sua vita?

«Avere un cavallo e montarlo è sempre stato il mio sogno fin da bambina. Prima di capire che esiste l’equitazione chiedevo ai miei genitori di comprarmi un cavallo da tenere sul balcone. A undici anni ho cominciato a frequentare un maneggio vicino casa a Dnepropetrovsk dove si praticava salto, dressage e completo».

Perché il dressage?

«Delle varie discipline il dressage mi è piaciuto da subito, ispirandomi ai grandi risultati di cavalieri sovietici di allora Filatov, Petushkova, Kisimov sempre vincenti in competizioni internazionali».

Chi è stato il suo primo istruttore?

«La mia prima istruttrice si chiamava Elena Hadanovic. Poi, quando sono entrata nella squadra dell’Unione Sovietica sono stata seguita dal grande istruttore Boris Murashov che allenava la squadra nazionale».

Chi è il suo cavaliere/amazzone preferito e per quali ragioni?

«Il migliore cavaliere, per me è sempre Isabell Werth, perché è determinata e professionale».

Il cavallo che sognerebbe avere in scuderia?

«Adesso ci sono così tanti cavalli straordinari ed è difficile indicarne uno solo».

Parlando dei suoi risultati, ci può riassumere la sua carriera agonistica con i risultati più importanti?

«Nella mia carriera, quando vivevo in Russia, facevo parte della squadra nazionale, e ho avuto cavalli eccezionali come Shkval che con Victor Ugrumov ha vinto la medaglia d’oro a squadre alle Olimpiadi di Mosca e bronzo individuale. Con lui ho fatto tanta esperienza anche internazionale iniziando dalla tappa di Coppa del mondo a Lipica nel 1983 e sono entrata nella squadra nazionale dell’Unione Sovietica. Poi ho avuto Bob, un bellissimo stallone di razza ucraina. Con lui sono stata per 2 anni Campionessa dell’Unione Sovietica negli anni 1985,1986. Sempre con lui ho vinto nel 1986, Gran Prix Internazionale a Gera, in Germania. Purtroppo, è morto a soli 14 anni fratturandosi un posteriore nel paddock. Con il cavallo Waterloo ho partecipato a molti concorsi internazionali, nel giro piccolo, e sempre in premiazione (Stadl Paura, Weikendorf, Brno, Achleiten). In Italia ho cominciato a gareggiare dal 1999, con il cavallo Topol. Con lui ho vinto diversi Grand Prix a Sommacampagna, Arezzo, a None. Con il cavallo Darius nel 2016 sono arrivata seconda al Campionato Italiano livello St. Georges. Nel 2021 ho vinto la finale di Coppa Italia di Grand Prix e Free Style a Bologna».

Qual è la sua principale preoccupazione quando entra in rettangolo?

«Prima di entrare in rettangolo le mie preoccupazioni sono legate al cavallo che monto. Conoscendo i punti deboli di ogni cavallo mi chiedo se farà bene quella figura, farà bene i cambi tempi tempi?… Poi però, al suono della campana, mi concentro sulla gara».

Quali sono i suoi cavalli e quali sono le loro caratteristiche?

«I miei cavalli sono:

  • Bequepe, un castrone Lusitano la cui preparazione è stata alquanto laboriosa, sia per il carattere dominante che per le caratteristiche morfologiche, essendo un cavallo da Corrida con le sue caratteristiche di nevrilità. Nessuno, compreso me, credeva che sarebbe arrivato a Grand Prix.
  • Furst Donnerhit  un cavallo tedesco stallone che, come molti tedeschi non brilla per nevrilità, ma molto affidabile e continuo, che fa già Grand Prix con buoni risultati.
  • Halla un cavallo giovane olandese, in preparazione. Fa già bene St. Georges e promette bene per il Grand Prix. Abbastanza nevrile, con grandi andature».

Qual è il suo cavallo di punta? Ha un soprannome di scuderia?

«Senza dubbio il cavallo di punta è Bequepe. Lo chiamiamo Bepe, perché è tutto pepe».

Qual è l’aspetto del dressage, come disciplina, che le piace di più e quale di meno?

«La disciplina del dressage mi piace per la precisione e la tecnicità che si richiedono al cavallo e al cavaliere. E la consapevolezza che più monti e più capisci che hai ancora da imparare tanto. La cosa che mi mi piace meno riguarda il fatto che nel dressage il giudizio è dato, qualche volta, da giudici non competenti o distratti».

Un pensiero su cosa potrebbe suggerire alla Fise per migliorare la disciplina…

«Secondo me adesso la Fise funziona bene. Le competizioni, però sono sempre più rarefatte e non solo a causa del Covid. Dovrebbe aiutare di più i Comitati Organizzatori, alle prese con numeri di partecipanti esigui che spesso fanno fatica a far quadrare i conti. Preferiscono quindi organizzare concorsi di salto piuttosto che di dressage».

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