Riccardo Volpi, quando la vita gira intorno ai cavalli

di Redazione

Un’azienda di successo. Il bellissimo allevamento Fonte Abeti. Una famiglia che lo sostiene. E una passione che lo coinvolge a 360 gradi. Dressage.it ha il piacere di intervistare Riccardo Volpi.

Volpi, ci racconta dove nasce la sua passione per i cavalli?

«Sono nato in una famiglia che da generazioni allevava cavalli e bovini. Quindi sin da piccolo mio padre mi portava a vedere i cavalli in azienda e naturalmente la passione è cresciuta perché anche mio padre era molto appassionato. Aveva anche cavalli da corsa al galoppo e tutte le domeniche attaccava il cavallo al calesse e portava a spasso me e mio fratello. All’età di 16 anni ci ha affidato, a me e mio fratello, la gestione di un piccolo maneggio estivo dove portavamo i turisti a fare passeggiate. Ed è proprio da qui che è iniziata tutta la nostra attività lavorativa. Erano gli inizi degli anni ’80. Non c’erano i negozi di equitazione come oggi e quindi c’era la necessita di materiale per montare. Così abbiamo aperto un piccolo negozio per accontentare la clientela locale. A 18 anni mi sono iscritto all’università, a veterinaria, sempre per sapere di più sui cavalli. Ho frequentato per 5 anni dando 36 esami… Ma poi il lavoro ha preso una buona piega: assorbiva molto tempo e con mia moglie Luisa abbiamo aperto Umbria Equitazione. Era il 1991».

Qual è stato il suo primo contatto con il mondo del dressage e come mai è stato attratto proprio da questa disciplina?

«Ho sempre montato cavalli senza avere una vera e propria scuola. Da autodidatta. Finché all’età di 40 anni circa, sono andato in Spagna per una fiera. Là ho visto una gara di dressage dal vivo e ho realizzato che non sapevo niente di cavalli e dell’addestramento. Appena tornato a casa con il mio cavallo spagnolo sono andato a fare lezione da un istruttore di dressage. Praticamente mi si è aperto un mondo sconosciuto che mi ha affascinato sin dal primo istante e da lì ho iniziato a comperare cavalli soprattutto all’estero. Come tanti altri ho preso le mie fregature finché ho deciso di iniziare ad allevare in proprio, per evitare di andare a comperare cavalli di cui non conoscevo niente. Grazie ad amici in Olanda ho avuto la fortuna di prendere delle fattrici molto importanti dall’allevamento Spechenbrik. Era un allevamento molto importante nel panorama dressage in Europa perché, nella sua lunga storia, aveva prodotto ben 21 stalloni approvati e uno di questi, Rubels, era stato Campione del Mondo dei Giovani Cavalli per tre anni di fila. Il proprietario di questo allevamento era da poco morto e gli eredi stavano vendendo tutti i cavalli. Ho acquistato 6 ottime fattrici gravide tra cui anche la mamma di Rubels. Da qui sono partito con l’allevamento: ho rimesso in razza tutte le figlie femmine di queste cavalle. È stata sicuramente una fortuna trovare quel patrimonio genetico senza il quale non avrei potuto fare cosi in fretta a produrre dei buoni cavalli».

Che ‘mestiere’ è, oggi, allevare cavalli – specialmente da dressage – in Italia?

«Oggi allevare in Italia non è certo facile ma, per certi aspetti, ci sono delle condizioni migliori rispetto al nord Europa. Mi spiego meglio… Sicuramente stare in nord Europa è meglio per avere un confronto giornaliero sia con altri allevatori sia per quanto riguarda le competizioni. In Italia ci mancano gare di livello internazionale ma soprattutto tutto ciò che ruota intorno all’allevamento: rassegne, clinic e aste per commercializzare i nostri cavalli… Inoltre il costo di gestione di una scuderia in Italia è molto più alto. Detto ciò, sono convinto che almeno nella nostra zona, in centro Italia, ci siano delle condizioni migliori per fare crescere i giovani puledri. Noi abbiamo a disposizione circa 400 ettari che a rotazione mettiamo a disposizione dei cavalli in crescita. Non sono terreni pianeggianti come in nord Europa ma vanno dalla collina fino a 1000 metri di altezza. Qui i cavalli acquisiscono un equilibrio psico-fisico naturale che non ha eguali, neanche minimamente paragonabile alla crescita in piccoli spazi, box chiusi o in terreni pianeggianti. Chiaramente tutto questo è molto più costoso».

Su cosa si fonda la filosofia allevatoriale di Fonte Abeti e a che tipo di cavallo tende nelle sue selezioni?

«Dopo diversi anni e anche dopo diversi errori ho capito che i cavalli non devono solo essere belli ma anche forti e facili da montare. E qui ci sarebbe un libro da scrivere perché per ottenere un bel cavallo, forte e con buona cavalcabilità non si può lasciare niente al caso. SI devono studiare le linee genetiche sia materne sia degli stalloni, trovando i giusti incroci. E questo si fa con l’esperienza sul campo. Vado regolarmente in Germania, Olanda e Danimarca per vedere rassegne di fattrici, stalloni e puledri e sono diventato amico dei migliori allevatori stranieri con cui mi confronto ormai alla pari. Di pari passo la gestione dei cavalli in allevamento è basilare. A partire dalle cavalle in gestazione fino ad arrivare alla doma, nessuna cosa va lasciata al caso. Veterinari, maniscalchi, nutrizionista, etologo sono solo alcune delle figure che giornalmente seguono i puledri nella crescita. Senza tralasciare il personale di scuderia che con enorme passione e professionalità segue i cavalli. L’altra componente importantissima è l’alimentazione e gli spazzi per muoversi. Noi in allevamento usiamo solo fieno di montagna prodotto nei nostri campi e ci avvaliamo di mangimi prodotti per noi su nostra ricetta fatta dal nostro alimentarista. Come già detto, abbiamo ampi spazzi collinari dove i cavalli possono muoversi liberamente. Questi sono alcuni dei motivi per cui un allevamento di cavalli da dressage in Italia riesce a vendere i propri prodotti in Germania, Olanda e Stati Uniti oltre che in Italia».

Come funziona la ricerca dei prodotti per i suoi brand?

«Amahorse è un contenitore dove abbiamo brand di proprietà e brand che rappresentiamo in esclusiva per l’Italia. I nostri brand più importanti sono Acavallo, Equestro e Franceschini Stivali. Questi prodotti vengono esportati in tutto il mondo. Stiamo lavorando con clienti distribuiti in oltre 60 paesi. Siamo riusciti, in 30 anni di attività, a farci conoscere e apprezzare per la nostra qualità e conoscenza. Tutti i prodotti che mettiamo in commercio sono studiati e testati dai nostri professionisti in scuderia. I marchi Acavallo e Franceschini Stivali sono noti per un alto livello di qualità dei materiali e per la loro tecnicità. E sono stati scelti dai migliori cavalieri di tutte le discipline. In dressage sponsorizziamo nomi del calibro di Cathrine Doufur, Patric Kittel, Daniel Pinto, Charlotte Dujardin, Eva Muller, Severo Jurado, Valentina Truppa e tanti altri con cui collaboriamo regolarmente per creare sempre nuovi prodotti che possano incontrare le esigenze di professionisti e amatori. Equestro è un brand di abbigliamento tecnico e giovanile molto fresco che ci sta dando enormi soddisfazioni. Si rivolge a un pubblico under 25 con la peculiarità di essere tecnico e innovativo, ma al contempo anche moderno e portabile anche al di fuori della scuderia nel tempo libero».

Sopra, il rendering delle strutture di Amahorse. Sotto, uno scorcio del magazzino

Come viene vissuta in famiglia una passione tanto coinvolgente come quella dei cavalli?

«In famiglia, un po’ per passione un po’ per lavoro, la vita gira sempre attorno ai cavalli. Mia moglie Luisa lavora, assieme a una delle mie tre figlie, Veronica, in azienda. Insieme gestiamo anche l’azienda agricola e l’allevamento. Quindi, loro malgrado, devono subire sempre il mondo dei cavalli. Fortunatamente ho un alleato importante in casa. Si tratta della più piccola delle mie figlie, Vittoria, che ha una forte passione e che trascina anche gli altri alle gare. Alla fine siamo degli ippogenitori come tanti altri e a volte mi accorgo che da genitore commetto degli errori che da professionista non faccio con i cavalieri che montano i miei cavalli. Anche se raccomando a mia figlia di montare pensando a divertirsi, poi alla fine sono molto competitivo e fortunatamente spesso mia moglie mi rimette in carreggiata».

Quali sono secondo lei i margini di miglioramento complessivi nel mondo equestre italiano? Ha una sua idea su come si potrebbe fare meglio? Vista con gli occhi di un allevatore, qual è la cosa che manca di più in Italia? E quale invece la soddisfa?

«Come detto in Italia manca sicuramente il confronto quotidiano con allevatori e cavalieri. Mancano gare importanti per fare crescere i nostri binomi ma soprattutto manca programmazione. Sono anni che non esistono figure di riferimento che possano apportare un progetto di crescita. Non dovremmo fare altro che copiare le altre nazioni che hanno avuto successo. Nazioni come la Spagna, la Francia e il Portogallo che alcuni anni fa erano più indietro di noi e che ora ci hanno surclassato. Queste federazioni hanno fatto dei progetti a lungo termine, affidandosi a professionisti stranieri non facilmente condizionabili. Senza un progetto serio e onesto purtroppo non riusciremo a uscire dalle sabbie mobili in cui siamo. I nostri atleti sia a livello giovanile, eccetto alcuni rari casi, sia a livello senior non riescono a uscire dallo stallo in cui sono entrati. Inoltre il parco cavalli è molto vecchio e di qualità mediocre rispetto al livello straniero che cresce in modo esponenziale. Mi rendo conto che la mia è una visione molto critica ma vuole essere di sprone a chi può e deve fare qualcosa per questo meraviglioso sport».

Ci vuole raccontare il suo sogno di allevatore?

«Come tutti ho dei sogni ma non mi piace parlarne finché non si realizzano. Soprattutto ho diversi progetti sia in azienda sia in allevamento a cui lavoro quotidianamente. Con gli oltre 100 collaboratori delle mie aziende lavoriamo su diversi progetti e questo ci da stimoli importanti per migliorare e fare crescere l’equitazione».

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