Dressage olimpico: un viaggio lungo 100 anni/3

di Umberto Martuscelli

Dopo la ‘bastonata’ inflitta dalla Fei a tutto il mondo del dressage internazionale in occasione delle Olimpiadi di Roma 1960 a seguito dello scandalo di Stoccolma 1956, gli specialisti del rettangolo ritrovano la loro dimensione olimpica tradizionale ai Giochi di Tokyo 1964.

1964 TOKYO – È la prima volta che i cavalli europei volano dall’altra parte del mondo, se si fa eccezione per le Olimpiadi del 1932 a Los Angeles quando proprio a causa della distanza e della difficoltà di collegamento la partecipazione era stata davvero esigua. Ma nel 1964 i cavalli possono essere trasportati in aeroplano, cosa che rende un po’ più semplici i viaggi a lunga gittata. A dire il vero non tanto più semplici: il personale di volo viene munito di pistole da utilizzarsi nel caso uno o più cavalli manifestino pericolose (per il volo) insofferenze… Cosa che effettivamente accade: due cavalli vengono soppressi in andata e uno in ritorno (nessuno dei tre impegnato in dressage), una vera tragedia. Comunque il dressage deve affrontare ugualmente un problema, sebbene di natura molto meno drammatica. Se a Roma 1960 la competizione a squadre era stata cancellata da un provvedimento sanzionatorio, a Tokyo rischia l’annullamento per mancanza del numero di formazioni in gara…

Il Cio infatti ne prevede minimo sei: Germania, Svizzera e Unione Sovietica sono sicure, Stati Uniti e Giappone fanno di tutto per mettere insieme tre binomi, la speranza ultima è la Svezia che dopo il ritiro di Genhall Persson e un grave incidente automobilistico occorso a Henri St. Cyr è priva delle sue punte di diamante. Ma alla fine gli svedesi ce la fanno… quindi il programma agonistico è completo: 6 squadre e 22 individuali in rappresentanza di 9 nazioni. Il Grand Prix per la classifica a squadre dura 12 minuti e 30 secondi, il GP Special per quella individuale 6 e 30. In Grand Prix i punteggi vengono annunciati al termine di ciascuna ripresa, nel successivo Special ciascuna ripresa viene filmata e quindi riesaminata dai giudici (tre: tutti ex concorrenti ai Giochi del 1936) i quali dopo due ore dal termine della prova comunicano il risultato…

Vince la Germania con tre cavalieri la cui eredità tecnica, agonistica e culturale permeerà il dressage tedesco (e non solo) praticamente per sempre: Harry Boldt su Remus, Josef Neckermann su Antoinette, Reiner Klimke su Dux. Poi Svizzera e Unione Sovietica. Oro individuale lo svizzero Harri Chammartin sul suo cavallo di riserva Woermann: il numero uno Wolfdietrich a Tokyo manifesta una zoppia. Medaglia d’argento il tedesco Harry Boldt su Remus, di bronzo il sovietico Sergej Filatov su Absent (binomio oro individuale quattro anni prima a Roma).

1968 Città del Messico

Otto le squadre in campo, 26 gli individuali, tre giudici di nazionalità non rappresentate in gara (il francese Georges Margot, l’olandese Jaap Pot e il cileno Hernan Vigil Simpson). Grand Prix con 33 movimenti in 12 minuti e 30 secondi, il ‘ride-off’ di 6 minuti e 45. Per la prima volta partecipano cavalieri in rappresentanza della Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est) oltre naturalmente a quelli della Repubblica Federale Tedesca (Germania Ovest): accadrà anche nel 1972 e poi non più. La Germania (Ovest) vince l’oro con Josef Neckermann su Mariano, Liselott Linsenhoff su Piaff, Reiner Klimke su Dux davanti all’Unione Sovietica e alla Svizzera; il sovietico Ivan Kizimov su Ichor l’oro individuale, con Josef Neckermann su Mariano argento e Reiner Klimke su Dux bronzo.

Ivan Kizimov su Ichor

1972 Monaco

Il Grand Prix di dressage si disputa il 5 settembre: il giorno dell’attacco terroristico di Settembre Nero… La prova viene interrotta esattamente a metà: prosegue il 7 settembre. I giudici sono cinque e per la prima volta due vengono disposti sui due lati lunghi del rettangolo. Tredici nazioni rappresentate di cui dieci con la squadra, per un totale di 33 individuali.

Per la terza volta la medaglia d’oro individuale va al collo di un rappresentante della Germania Ovest (dopo Carl Friedrich von Langen nel 1928 e Heinz Pollay nel 1936), ma per la prima volta nella storia olimpica del dressage si tratta di una donna: Liselott Linsenhoff su Piaff. Ancora un’amazzone per la medaglia d’argento: la sovietica Elena Petushkova su Pepel. Medaglia di bronzo il tedesco Josef Neckermann su Venetia. L’oro a squadre lo vince l’Unione Sovietica con Elena Petushkova su Pepel, Ivan Kizimov su Ichor, Ivan Kalita su Tarif; medaglia d’argento la Germania Ovest, bronzo per la Svezia. Una curiosità: il cavallo più giovane in rettangolo ha solo 7 anni… È Granat, sotto la sella dell’amazzone elvetica Christine Stueckelberger (15° posto): quattro anni più tardi saranno loro a salire il gradino più alto del podio individuale…

1976 Montreal
Cristine Stuckelberger e Granat

Undici nazioni, 27 concorrenti, otto squadre. Due giornate dedicate al Grand Prix per la classifica a squadre e per la qualifica al Grand Prix Special (i migliori dodici concorrenti), poi una giornata per il Grand Prix Special per la classifica individuale. I primi tre in classifica nel GP sono nello stesso ordine i primi tre del GPS e dunque vincitori delle medaglie individuali: oro per la svizzera Christine Stueckelberger su Granat, argento e bronzo per i tedeschi Harry Boldt su Woycek e Reiner Klimke su Mehmed. Tra le squadre vittoria della Germania (Boldt, Klimke e Gabriela Grillo su Ultimo che nel GPS è al 4° posto) davanti a Svizzera e Stati Uniti. Per l’Italia quella di Montreal è un’Olimpiade storica: il nostro Paese infatti è rappresentato per la prima volta nella competizione a cinque cerchi. Il record appartiene a Fausto Puccini, in gara su Palazzo: ultimo classificato nel Grand Prix, ma con l’enorme merito di aver portato il dressage italiano nella grande famiglia olimpica.

1980 Mosca

In risposta all’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979) il mondo occidentale guidato dagli Stati Uniti boicotta questa edizione delle Olimpiadi. I Paesi che partecipano ai Giochi di Mosca sono in totale 80: il numero più basso dal 1956. Alle gare dello sport equestre prendono parte complessivamente (cioè nelle tre discipline) 11 nazioni. In dressage i concorrenti sono 14 in rappresentanza di sei Paesi: Bulgaria, Polonia, Romania e Unione Sovietica con la squadra, Austria e Finlandia a solo titolo individuale. C’è un unico concorrente che appartiene a quella che potremmo definire la fascia ‘alta’ del dressage internazionale, cioè l’austriaca Elisabeth Theurer (26 anni) in sella a Mon Cherie, la quale ovviamente vince la medaglia d’oro individuale (primo posto sia in GP sia in GPS). La sua partecipazione dà origine a una serie di forti controversie in Austria, il cui risultato sono le dimissioni del presidente della federazione nazionale. Alle sue spalle sul podio individuale salgono i sovietici Yuri Kovshov su Igrok e Viktor  Ugriumov su Shkval. L’Unione Sovietica con anche Vera Misevich su Plot vince l’oro tra le squadre davanti a Bulgaria e Romania.

1984 Los Angeles

La politica continua a inquinare le Olimpiadi. Come risposta al boicottaggio del 1980, l’Unione Sovietica e i suoi Paesi satellite boicottano i Giochi californiani: sono però solo 14 le nazioni assenti, mentre le 140 presenti stabiliscono comunque il record di presenze nella storia dei cinque cerchi. In dressage ci sono dodici squadre: la Germania si assicura l’oro con Herbert Krug su Muscadeur, Uwer Sauer su Montevideo, Reiner Klimke su Ahlerich, davanti a Svizzera e Svezia. Il risultato del GP ancora una volta coincide esattamente con quello del GPS che assegna le medaglie individuali: oro per il tedesco Reiner Klimke su Ahlerich, argento per la danese Anne Grethe Jensen su Marzog, bronzo per l’elvetico Otto Hofer su Limandus.

1988 Seul

Dopo Tokyo 1964, questa è la seconda volta che i Giochi vengono disputati in Asia. Il dressage registra numeri notevoli, anche perché per la prima volta ciascun Paese può competere con quattro binomi, sebbene solo tre possano qualificarsi per il Grand Prix Special. Così i concorrenti sono 53 in rappresentanza di 18 nazioni di cui 11 con la squadra (tutte a quattro binomi tranne la Francia con tre). Un giorno di intervallo tra i due dedicati al GP e quello finale con in calendario il GPS. Esplode il fenomenale binomio composto dalla ventunenne amazzone tedesca Nicole Uphoff e da Rembrandt, un cavallo che con la sua leggerezza sia nel fisico sia nei movimenti – e con una buona dose di ‘sangue’ – rompe gli schemi più tradizionali e convenzionali del dressage, iniziando con la sua medaglia d’oro sia individuale sia a squadre (1° posto anche nel GP) un periodo da protagonista assoluto nei campionati internazionali che durerà fino al 1994. L’amazzone tedesca di nascita e francese per matrimonio Margit Otto Crépin su Corlandus conquista la medaglia d’argento (2° posto anche nel GP) mentre l’elvetica Christine Stueckelberger su Gauguin de Lully quella di bronzo (4° posto nel GP dietro la tedesca Monica Theodorescu su Ganimedes che poi nel GPS andrà al 6° posto). Dunque per la prima volta nella storia del dressage olimpico non c’è un uomo sul podio. Dato ancor più significativo se si calcola che anche il 4°, 5°, 6°, 8° e 9° posto sono di amazzoni… ! Per la seconda volta nella storia un binomio che rappresenta l’Italia entra in gara nel rettangolo olimpico: si tratta dell’amazzone torinese Daria Camilla Fantoni in sella a Sonny Boy. Il loro 22° posto in Grand Prix ovviamente non permette l’accesso allo Special, tuttavia collocandoli nella prima metà della classifica rappresenta un risultato di grande valore per un dressage italiano che sta praticamente nascendo. Tra le squadre il risultato è quasi scontato: oro alla Germania con Reiner Klimke su Ahlerich, Ann-Kathrin Linsenhoff su Courage (amazzone figlia di Liselott Linsenhoff, oro individuale a Monaco 1972, la prima donna a laurearsi campionessa olimpica in dressage), Monica Theodorescu su Ganimedes e ovviamente Nicole Uphoff su Rembrandt; argento alla Svizzera e bronzo al Canada.

1992 Barcellona

Diciotto nazioni, undici squadre e 48 individuali. Il trionfo assoluto della Germania: i quattro binomi tedeschi occupano le prime quattro posizioni del Grand Prix e dunque la squadra vince a mani basse la medaglia d’oro davanti a Olanda e Stati Uniti, poi i tre tedeschi ammessi al GPS conquistano l’oro, l’argento e il bronzo… ! GP di sette minuti, GPS di sette e mezzo. Uno dei grandi del recente passato viene estromesso dalla gara al controllo veterinario: Corlandus, 16 anni, il quale chiude così la sua favolosa carriera agonistica (non passano anche altri due cavalli). Quindi oro a una Germania che schiera Monica Theodorescu su Grunox, Nicole Uphoff su Rembrandt, Isabell Werth su Gigolo, Klaus Balkenhol su Goldstern. Nell’Olanda medaglia d’argento c’è Anky van Grunsven (il suo esordio olimpico su Prisco era avvenuto quattro anni prima) su Bonfire, 6° posto in GP e 4° in GPS, dunque a Barcellona si concentra il gruppo di tre binomi che dominano e domineranno il dressage mondiale a lungo: Uphoff/Rembrandt, Werth/Gigolo, van Grunsven/Bonfire. Nicole Uphoff trionfa ancora conquistando per la seconda volta consecutiva in sella a Rembrandt la medaglia d’oro sia a squadre sia individuale. Dietro di lei sul podio del GPS i suoi compagni di squadra Isabell Werth su Gigolo e Klaus Balkenhol su Goldstern.

Per l’Italia un’Olimpiade assolutamente storica e indimenticabile: per la prima volta da quando lo sport equestre è entrato nel programma olimpico – dunque dal 1912 – siamo presenti con una squadra al completo in dressage… Non solo: una formazione che su undici rappresentative conquista l’8° posto lasciandosi alle spalle la Francia, il Canada (bronzo a Seul!) e la squadra che riunisce le ex repubbliche sovietiche. Eccola: Laura Conz su Lahti, Paolo Margi su Destino di Acciarella, Daria Camilla Fantoni su Sonny Boy, Pia Laus su Adrett. Proprio Pia Laus (nata e vissuta in Germania madre tedesca, padre italiano) è la trascinatrice della nostra squadra con il 9° posto in Grand Prix e la prima storica presenza azzurra nello Special con un magnifico 7° posto finale!

(3 – continua)

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