Le interviste di Dressage.it: Peter Holler

di Redazione

Peter Holler vive a Coblenza, nel sudoverst della Germania, ma è nato a Friburgo ed è quindi ‘originario’ del triangolo Germania-Svizzera-Francia.

Nella sua storia equestre ci sono gare di salto ostacoli e di dressage fino a livello Grand Prix. Ed è stato così fortunato da potersi avvalere di famosi trainer tedeschi quali sono stati Dr. Klimke, Harry Boldt, Manfred Bröker, Gerhard Politz, Werner Bergmann, Udo Lange.

Dopo aver ottenuto la qualifica federale tedesca di trainer, Holler ha messo la propria esperienza al servizio di cavalieri di vertice come Susanne Lebek (European Champion YR, membro del team che vince il brozno all’EC Windsor, tra i top 20 nel mondo nel 2010) e altri cavalieri di successo come Dominik Erhart (international GP winner), Eyal Zlatin (amazzone di livello GP nazionale), Hana    Vasaryova (Campionessa nazionale), Ralf Hartmann (Campione tra i cavalieri professionsiti a Hessen).

Come e quando ha ‘incontrato’ i cavalli? Dove e come mai proprio il dressage?

«Sono entrato a contatto con i cavalli quando avevo 12 anni. Un mio amico montava e mi chiese di andare a visitare la scuderia. Rimasi immediatamente affascinato e inziai a prendere lezioni. Dopo qualche tempo, i miei genitori mi comprarono un cavallo da salto. Così mi avvicinai al salto ostacoli dove ho fatto gare, con buon successo, fino a 1,30. Qualche anno più tardi, ebbi un altr cavallo di grande qualità. Ma non riuscii mai a trovare la chiave giusta per farlo esprimere sul salto. In compenso mostrava buone andature. Un talento… e così iniziai a competere in rettangolo. In soli due anni siamo arrivati a livello Grand Prix».

Quando è diventato giudice di dressage?

«Sono diventato giudice a 25 anni e all’inizio giudicavo sia salto sia dressage. Anche in questo caso, in un paio d’anni arrivai a giudicare a livello Grand Prix. Due importanti giudici tedeschi diedero le mie referenze in Fei e così cominciai la mia carriera di giudice internazionale. Fino a livello 5*. Il punto più alto della mia carriera è stato essere in giuria alle Olimpiadi di Rio 2016».

Cosa significa per lei il dressage?

«Il dressage significa molto per me. Come cavaliere, come trainer e come giudice. Sono affascinato dal dressage. È una disciplina equestre unica che combina armonia, eleganza, estetica con prestazioni sportive di vertice, Sia del cavallo, sia del cavaliere. Questo sport così affascinante occupa una parte rilevante delle mie attività e interessi. Il dressage offre la possibilità di lavorare con una meraviglioso partner che va sempre trattato con rispetto e onestà. Affinché possa essere un cavallo felice».

Ha qualche preoccupazione quando entra in cabina per giudicare una categoria?

«No, non ne ho. Posso vedere i migliori cavalli del mondo mentre valuto il loro lavoro. E posso dare note e suggerimenti. Facendo capire se si stanno muovendo nel giusto tipo di lavoro. Per me è molto interessante».

Ha qualche suggerimento da dare alla Fei in materia di corpo giudicante?

«Sì! Dovrebbero rispettare e supportare maggiormente i giudici. Dovrebbero far comprendere al pubblico il lavoro che sta dietro al giudice, la sua dedizione. E soprattutto dovrebbero far sapere quanto difficile sia il lavoro del giudice».

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