Le interviste di Dressage.it: Katrina Wüst

di Redazione

Presenza ricorrente nelle giurie di tanti internazionali anche nel nostro paese, non ultimo presidente di giuria a Tokyo 2020, Katrina Wüst fornisce un eccellente contributo al movimento del dressage anche attraverso stage e incontri tecnici in moltissimi Paesi, compresa l’Italia. I suoi momenti formativi sono sempre molto apprezzati per la sua capacità di analisi tecnica tanto sul cavallo, quanto sul cavaliere. Dressage.it ha avuto il piacere e l’onore di esordire proprio con un pezzo a sua firma sui giovani talenti e ora la presenta nella veste ‘classica’ di giudice internazionale 5 stelle.

Che cosa significa per lei il dressage?

«Il buon dressage per me significa molto e in molti modi. In primo luogo, montare a cavallo nella forma più alta di questo sport per me è una forma d’arte. In secondo luogo, il buon addestramento rende i cavalli più belli e preserva la loro salute. Infine, lo dico come amazzone, montando a cavallo si impara a condividere il proprio sport con un essere vivente e ad agire in modo delicato e disciplinato nello stesso tempo».

Quando ha incontrato il dressage e quando ha deciso che potesse occupare un posto tanto importante nella sua vita?

«A 10 anni, i miei genitori mi hanno consentito di prendere lezioni di equitazione. La scuderia vicino a casa, per una fortuita coincidenza, era una delle più importanti nel dressage in Germania. E così sono ‘automaticamente’ entrata nel mondo del dressage. I miei successi equestri sono cresciuti e con loro l’importanza che il dressage rappresentava per me. Dopo aver avuto tre figli, comunque, competere in gara era meno importante… E così sono diventata giudice, un modo per rimanere strettamente legata al mondo del dressage».

Passando a questioni più tecniche… Ci potrebbe dire cosa, secondo il suo parere, contribuisce a ‘fare’ un cavallo da dressage vincente? E un cavaliere?

«Per un cavallo vincente: 1) una buona ‘testa’ e un ottimo temperamento; 2) affidabilità; 3) una conformazione molto funzionale; 4) tre andature di base molto buone ed elastiche. In merito al cavaliere… Deve essere sensibile, intelligente e dotato di buon autocontrollo».

Allevamento versus allevamento… Quale aspetto è più importante quando si considera un futuro cavallo dressagista?

«Sono entrambi aspetti importanti. Anche se un soggetto normale può diventare un buon cavallo attraverso un altrettanto buon addestramento. Allo stesso modo, un eccellente soggetto può essere rovinato da un cattivo addestramento».

Katrina, parlando di giudici… Come si potrebbe far crescere la relazione con loro e far sì che possano, a loro volta, contribuire a un addestramento migliore?

«I giudici dovrebbero essere sempre disponibili e capaci di fornire apprezzabili suggerimenti al cavaliere su come migliorare con il proprio cavallo. Per questo è sempre preferibile che i giudici siano o siano stati anche amazzoni e cavalieri».

Può sintetizzare i principi del ‘suo’ dressage?

«La morbidezza del cavallo e l’armonia della presentazione è più importante di una gara grossa. Di base sono molto severa quando un cavallo è irregolare in quanto non dovrebbe neanche entrare in rettangolo».

Un aneddoto o una storia buffa che le è capitata nel mondo del dressage?

«Il mio esordio in un Grand Prix internazionale come giudice si è svolto sotto gli occhi dei miei ‘semidei’ Lette e Mechlem ed ero molto tesa. Il rettangolo era piuttosto allagato dopo un terribile acquazzone. Il primo cavallo è entrato e ha saltato praticamente ogni pozzanghera. Ho dovuto dare dei pessimi voti uno dopo l’altro, con le relative note. A metà di questo primo test, la mia segretaria ha gettato la penna esclamando: “È troppo snervante. Me ne vado immediatamente” e  rivolgendosi a chi imputava i voti, credo fosse il marito “tu vieni con me”. Il poveretto non ha avuto scelta e entrambi mi hanno lasciato da sola in cabina su due piedi. Ho dovuto giudicare, scrivere le note e digitare i voti al computer da sola. La quantità di correzioni sui fogli faceva impressione… Mi sono dovuta scusare per questo con il cavaliere. La signora non ha mai più scritto per un giudice e, fortunatamente, a me non è mai più successo che mi scappasse via una scribe…».

Il suo cavallo della vita?

«Se si intende uno dei miei cavalli… ne citerei due. Il primo era Whynot, un castrone vecchio tipo ma molto funzionale da Wöhler che acquistai per pochi soldi come cavallo da amateur. Con lui, in soli due anni, ebbi accesso alla squadra B tedesca. Sempre con Whynot diventai l’amazzone di maggior successo a Wiesbaden e due volte a Neumünster negli anni ‘70. Il mio secondo cavallo favorito era un cavallo olandese molto elastico chiamato Roncalli. Aveva tutto quello che un cavallo dovrebbe avere. Sfortunatamente la sua presenza coincise con la nascita dei miei figli e per questo la nostra carriera insieme rimase ‘incompiuta’. Mi sarebbe piaciuto averlo avuto ancora qualche anno addietro».

Il suo cavaliere preferito, a per se stessa e perché?

«Non ho un cavaliere preferito ma semmai stimo molti top rider per il loro talento equestre».

Il suo trainer della vita?

«Fritz Tempelmann, molto efficace nel presentare i propri cavalli in gara, ma per il quale il buon addestramento e la morbidezza dei cavalli era la priorità numero uno. Anche negli anni 70, quando non tutti i trainer avevano questa consapevolezza».

Dove fa base ora e quali sono i suoi piani per il futuro?

«Vivo a Monaco e ho molte cose da fare… Dentro e fuori il mondo dei cavalli».

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