Conosciamo i giudici: Massimo Buzzi

di Redazione

“I cavalli questi nostri compagni di avventura fanno ‘bugiardo’ anche il più esperto tra i giudici esperti!” È questa la citazione che apre il nostro incontro con Massimo Buzzi, milanese, giudice di dressage e uomo di cavalli. Ecco come ha risposto alle domande di dressage.it

Ci può raccontare come e perché l’equitazione è entrata nella sua vita? 

«Per caso, nella mia gioventù e in epoca scolare ho solcato i mari in barca a vela girando parecchio quando un giorno, quasi per gioco, mi hanno fatto provare a montare… È stato un innamoramento!».

Perché il dressage? 

«Complice una manifestazione dimostrativa condotta alla fiera di Milano tanti e tanti anni fa. Già montavo ma ho capito che quella era la mia strada».

Come e quando è diventato giudice di Dressage? 

«Bella domanda. Intorno agli anni ‘90, ma… sinceramente non lo ricordo con precisione».

Come si è sviluppata la sua carriera di giudice? 

«Negli anni ho ricoperto quasi tutte le posizioni tipiche della disciplina a tutti i livelli e in tutte le sia declinazioni, ma non è stata una carriera è stata una passione travolgente alla quale ho dedicato grandi risorse sia in termini di tempo che di dedizione».

Come dovrebbe essere la relazione tra i giudici e gli altri protagonisti del dressage (atleti, istruttori, sponsor etc.)? 

«Chi affronta alle prime armi la pratica del giudizio in “dressage”, chi esperto partecipa settimanalmente alle competizioni nazionali ed internazionali, chi ha il privilegio di partecipare ai massimi livelli mondiali deve fare autocritica ogni volta che giudica per capire se nel suo giudizio ha ottemperato, con serena e coscienziosa osservanza, alle indicazioni tecniche ricevute nei corsi ai quali ha partecipato. Sembra ovvio ma, solo mantenendo questa autocritica e ottemperando ad essa con caparbia regolarità, potremo assolvere onestamente al ruolo nel quale con passione ci siamo dedicati. Il nostro atteggiamento e il nostro habitus ci permetterà di ricevere rispetto e comprensione nel corso dei nostri non voluti possibili errori e tutti i concorrenti passati presenti e futuri potranno ritenere il nostro intervento utile e proficuo. Sempre nella mia idea etica del ruolo chi, senza conoscere il pregresso lavoro, la psiche del cavallo, la sua indole e il suo addestramento, si permette di pontificare consigli non richiesti elargendo verità che forse verità non sono ma, verità che diffondono una immagine della categoria distorta e non attinente allo spirito a mio avviso deontologicamente corretto».

Qual è la sua principale preoccupazione, se ne ha, quando entra in cabina?

«Ogni cavallo, come già detto da altri giudici ben più titolati di me, ha una sua psiche, un suo temperamento e una sua forma fisica che noi in gara non possiamo conoscere capire o giudicare ma di cui possiamo e dobbiamo essere gli spettatori del momento senza una memoria del passato e senza un processo alle intenzioni per il futuro. Difficile! Certo ma è l’unico sistema, a parer mio, che ci permetta di dare un riscontro obbiettivo a una ripresa che possa essere considerato dai concorrenti come una verifica del lavoro svolto fino a quel momento. Le indicazioni tecniche ricevute dalla FEI/FISE apprese nei corsi di aggiornamento ci danno e daranno una importante base di partenza che via via si arricchirà con le esperienze personali acquisite nel corso degli anni; ricordando che ci sarà sempre quel binomio Senior, Young Rider, Junior, Children o Pony che sfuggirà alla consuetudine dimostrandoci inusuali grandi doti o pessime esecuzioni».

Qual è l’aspetto del dressage, come disciplina, che le piace di più e quale di meno?

«Parlo di passato e futuro perché nella mia visione onirica il ruolo del Giudice quando giudica deve correre all’interno di due confini sottili invisibili ma invalicabili. Il Giudice anche Istruttore nella sua vita lavorativa in quel momento non è e non può essere istruttore; se allevatore non è e non può essere allevatore; se concorrente non è e non può essere concorrente; se veterinario non è e non può essere veterinario; se amico non è e non può essere amic. Un Giudice di fatto non può essere altro che Giudice in quel momento. Chi supera questi confini fa un grave danno alla sua immagine e all’immagine dei colleghi».

Cosa suggerirebbe ai responsabili FISE per migliorare la disciplina?

«È un compito così arduo che riveste un così grande numero di variabili che nessuno a mio avviso ha o può avere la ricetta giusta. Ho espletato per anni ruoli dirigenziali nella disciplina e pochi meglio di me possono capire le enormi difficoltà sportive e organizzative ed anche economiche che chi oggi ha il compito dirigenziale deve sopportare. Le disposizioni oggi come allora sono il risultato di mediazioni non facili da comprendere, ma necessarie per perseguire e ottenere il miglior fine ultimo che ponga lo sport e la disciplina al meglio delle sue possibilità».

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