A tu per tu con Francesco Zaza

di Redazione

Francesco Zaza ha 38 anni ed è di Milano. È stato il portacolori azzurro nei rettangoli di Tokyo 2020 e, pur partendo tra gli outsider, ha ‘fatto il compito’. Poteva andare meglio? Forse. Però… Però va detto che ha avuto un coraggio da leone e l’approccio emotivo giusto a una competizione che mette un peso psicologico enorme. Questo è stato ieri. E oggi? Ce lo racconta lui…

Dove monta e, nella sua carriera, chi sono stati i trainer che l’hanno seguita?

«La mia scuderia è a Chiari (BS), Vicky Prandoni mi ha messo in sella e oggi è ancora la mia “mamma equestre” perchè lei c’è sempre. Poi Francesco Falorni per il completo e Laura Conz negli ultimi anni».

Ci vuole parlare del suo lavoro con Laura Conz?

«Laura è una grande allenatrice».

Ci può raccontare come e perché l’equitazione è entrata nella sua vita?

«Mio padre mi voleva in serie A di Calcio, ho giocato per un po’. Ma quando mi mettevano in panchina ero la persona più felice del mondo. Un agosto andammo in vacanza in Umbria in un agriturismo. Misi il sedere su un cavallo e a settembre ero al Centro Ippico Monzese a montare tre volte a settimana».

Dopo una buonissima partenza in completo, cos’ha fatto scattare la molla del dressage?

«Mi è sempre piaciuto di più il primo giorno di gara in completo, la prova di addestramento. E il tempo che dedicavo alla preparazione in rettangolo era sempre maggiore. Poi…nonostante gli errori nel rettangolo, nonostante i punti al saluto finale ero sempre felice e soddisfatto».

Chi è stato il suo primo istruttore e cosa ha rappresentato per la sua formazione tanto in sella quanto in scuderia?

«Vicky Prandoni. Ordine , dedizione e soprattutto educazione. Vicky ha una passione sfrenata e ha sempre creato cavalieri e amazzoni che ancora oggi, nonostante delusioni, sconfitte e passatemi il termine “fregature”, continuano per la loro strada».

Tra i suoi colleghi, c’è un cavaliere/amazzone che prende come esempio e per quali ragioni? (Lavoro, gestione gare, gestione cavalli…)

«Nessuno nello sport è collega di nessuno. Posso dire che il mio “modello” è Isabell Werth. L’ho osservata lavorare i suoi cavalli più volte. Penso che sia una macchina da guerra».

Come vanno i rapporti con i suoi connazionali in rettangolo? C’è sinergia o invidia?

«Sinergia?…»

Qual è la principale difficoltà nel confronto con i rettangoli internazionali?

«Non parlerei di difficoltà ma solo di confronto».

C’è un cavallo che sognerebbe avere in scuderia?

«Sí, lo stallone Everdale della scuderia Van Olst Horses».

Parlando dei suoi risultati, oltre ai tanti già conseguiti in ben due discipline, qual è quello che sente di voler raggiungere a ogni costo?

«Una finale a Parigi 2024».

Qual è la sua principale preoccupazione, se ne ha una, quando entra in rettangolo?

«Siamo soli. Quando varco la linea di centro non conta nulla intorno a noi. Siamo solo io e il mio cavallo».

Quali sono i suoi cavalli in lavoro e quali sono le loro caratteristiche?

«Ne ho pochi ma buoni. Eveline di Fontabeti di Lucia Berni è da me da quattro mesi e nutro altissime aspettative da lei. E da Lucia Berni.  High Hopes il MIO cavallo. Lui è un cavallo di 4 anni intrappolato in un cavallo da Gran Premio. E la Wisper che nonostante i suoi 19 anni sembra ancora una ragazzetta».

Qual è il cavallo sul quale punta per il futuro? Ha un soprannome di scuderia?

«High Hopes. Penso sia io miglior cavallo che abbia mai avuto. Storia triste come tutti i cavalli a cui è stato chiesto troppo e troppo presto da cavalieri/amazzoni senza cultura equestre. High Hopes é con me da un anno e mezzo e migliora di giorno in giorno».

Ci racconta il suo pensiero sul delicato meccanismo tra i proprietari e i cavalieri nel mondo del dressage?

«Ho avuto solo un proprietario di cavalli nella mia carriera equestre con cui confrontarmi. È Raimondo Bozzetti (proprietario di Wisper Romance) e a lui devo tutto questo e non ho mai riscontrato nulla di delicato nel rapporto con lui».

Francesco, è mai stato tentato da una carriera professionale all’estero?

 «Sì e ci siamo quasi…».

Alle Olimpiadi abbiamo constatato che lei è uno che piace… Cosa, della sua personalità, pensa che sia la carta vincente per fare breccia tra i suoi numerosi fan?

«Io sono fatto così…».

Qual è l’aspetto del dressage, come disciplina, che le piace di più e quale di meno?

«È uno sport. L’aspetto negativo? Il 90% di chi fa dressage e insegna dressage non lo considera come tale».

Francesco, un pensiero su cosa potrebbe suggerire alla Fise per migliorare la disciplina e il livello internazionale?

«Un tecnico per i Senior che dia direttive e obiettivi, che sia di supporto agli atleti e non d’intralcio. Solo in questo modo secondo me avremo la possibilità di essere competitivi. Ce la fanno tutti. Perchè noi no»?

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